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L’equitazione è uno sport praticato da tantissimo tempo da disabili fisici, sensoriali e intellettivi. Questo sport ha un elevato potere attrattivo in quanto il cavallo diventa un vero e proprio amico con cui interagire. Il cavallo dà la vista al non vedente e gli arti a chi non può muoversi senza l’ausilio della carrozzina.
Il cavallo è, inoltre, indispensabile nell’ippoterapia e nella rieducazione equestre.
Se un disabile ha, più o meno, il controllo del cavallo ed esegue determinati gesti motori codificati dell’equitazione, ci troviamo nello sport equestre. In questo caso il fine dell’equitazione non è il recupero o la modifica della patologia, ma l’ottimizzazione della prestazione sportiva.
L’equitazione potrebbe essere, all’inizio, un percorso terapeutico. Ogni disabile, stabilizzato il suo livello di recupero, può iniziare a praticare l’equitazione, o può ricominciare a praticarla anche dopo un trauma invalidante. Pochissime sono le controindicazioni mediche.
Il cavaliere disabile che vuole approcciarsi all’agonismo sceglie, tra le varie discipline equestri, il dressage. E’ una disciplina assolutamente non rischiosa e conciliabile con molte tipologie di menomazioni. Per permettere a tutti i disabili di competere nelle stesse condizioni di uguaglianza vengono stilate delle classifiche dei diversi profili funzionali specifici per l’equitazione da classificatori del CIP (Comitato Italiano Paralimpico).
Il cavaliere disabile è quindi considerato di un certo “Grado” e gareggerà nei test di quel Grado (da 1 a 4), di difficoltà crescente. Le gare, dalle sociali ai Campionati italiani, si svolgono nel rettangolo regolamentare di dressage(metri 20×40), sono giudicate da giudici FISE e supervisionate da un Ispettore tecnico Cip. Si può competere in gara con un cavallo di proprietà, o con cavalli messi a disposizione dal Comitato organizzatore.
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